Campania Felix, antica terra di profumi.
Dal terreno fertile al clima mite e favorevole, ideale per qualsiasi tipo di coltura o piantagione. Non è un caso, dunque, se gli antichi definivano la Campania con l’epiteto di “felix”, ovvero fortunata, alludendo appunto, al suo immenso potenziale. Se guardiamo tuttavia al presente, la sua bellezza stride con le numerose cicatrici che a distanza di anni, non si sono ancora rimarginate. Basti pensare alla “terra dei fuochi”, ai roghi tossici che hanno martoriato e tutt’oggi appestano soprattutto la zona del casertano, un territorio che pullula di storia e che migliaia di anni fa poteva vantare alcune tra le più importanti colonie romane come Capua ed il suo antico centro, in seguito ribattezzato Santa Maria Capua Vetere.
Capua, importante snodo commerciale.
Ma sapevate che, proprio su questa cittadina, aleggiava un profumo ben più dolce e soave, generato dalle immense piantagioni circostanti di rose le quali rappresentavano la materia prima di profumi ed unguenti tra cui il più ricercato era il rodinon italikon? Fondata, come anticipato poc’anzi, sui resti dell’odierna Santa Maria Capua Vetere (la vetusta Capua), distrutta da una banda di saraceni assoldati nell’anno 841 dal principe Radelchi I, impegnato nella lotta per la successione al ducato di Benevento contro il suo rivale Landolfo, Conte di Caserta (dopo che fu messa in fuga la popolazione, si decise di fondare la “Nuova Capua”), il piccolo centro alle porte di Caserta, divenne un importante avamposto romano oltrechè un fondamentale snodo commerciale del centro-sud. Il fiore all’occhiello dell’economia locale, era, appunto, la produzione dei profumi. Il mestiere e la bottega del profumiere erano così intimamente legati alla seconda piazza pubblica di Capua (la Seplasia), da far originare la definizione per eccellenza di fabbricatore (seplasarius) e di negozio di profumo (seplasarium).
Terra celebrata da Plinio il Vecchio.
Per avere un’idea di quanto fosse importante tale mercanzia che veniva esportata non soltanto in tutt’Italia ma anche nel mondo e di quanto la zona fosse inondata di campi coltivati a rose dalle quali poi, si ricavavano migliaia di petali necessari alla distillazione della preziosa essenza necessaria a dar vita al celebre “rodino italikon”, bisogna scomodare il naturalista Plinio il Vecchio che nella sua Naturalis Historia (XVIII, 111) osservava:” E tuttavia quei campi che nel frattempo hanno riposato, danno in primavera una rosa che ha più profumo di quelle coltivate. A tal punto la terra non cessa di generare,che per questo comunemente si dice che si produce più profumo in Campania che olio nelle altre regioni…”. Di pari passo, inevitabilmente, andava anche la produzione di ingenti quantità di “balsamari”, soprattutto in terracotta. Si tratta, precisamente, di caratteristici flaconi utilizzati per contenere i profumi come si evince dai numerosi ritrovamenti che sono stati effettuati nelle necropoli dove erano essenzialmente impiegati nelle cerimonie funebri e nei rituali organizzati in onore dei defunti, e anche nei santuari e all’interno del perimetro urbano, nei contesti domestici. Non solo però Capua… anche l’altra sponda della Campania, quella salernitana, era nota per la floricoltura. Il grande poeta Virgilio, esaltava, in particolare, i roseti di Paestum, dove proprio di recente, nei pressi dei suoi maestosi templi dorici, ne sono staiti impiantati di nuovi, utilizzando le varietà floreali che venivano utilizzate in passate in modo da ricreare fedelmente, quell’ambiente descritto dagli antichi autori, durante il periodo autunnale. Una terra multiforme insomma ,che proprio per la sue caratteristiche e la sua opulenza, era ambita dalle grandi potenze del passato.
Pasquale De Falco